Una rana, un astronauta, una passeggiata tra librerie e il giardino di Calisto e Melibea – P1

Ci sono luoghi che per se stessi ci riportano indietro nel tempo. Luoghi pieni di storia, dove anche le pietre parlano. Salamanca è uno di questi luoghi della memoria. Dove la storia della città è strettamente legata a quella di tutto un popolo, alla storia della sua cultura, della sua lingua e non solo. Arriviamo alla città come gli antichi viaggiatori attraversando il ponte romano. 

Al fondo le due cattedrali che dominano il panorama di questa città meravigliosa, tutta da scoprire. Attraversando il ponte ci troviamo di fronte ai resti della muraglia della città antica, e così ci addentriamo verso il cuore della città antica, lì dove a pochi passi l’uno dall’altra si trovano la cattedrale nuova e quella vecchia, l’università e la plaza mayor. 

Salamanca è una città piena di segni tutti da scoprire. Così in questa breve gita fuori porta, vi propongo, cercare insieme i segni lasciati dalla storia. Alcuni sono leggenda, altri si sono trasformati in tradizioni e vengono ripetuti da generazioni e generazioni di studenti. Salamanca, la città delle Università, la “Pubblica” e la “Pontificia” la “Privata”. Due istituzioni che affondano le loro radici nella storia stessa di tutta una nazione e di un popolo. 

I primi segni di questa memoria collettiva si trovano ovunque, dipinti nei muri delle facciate di tutti gli edifici più importanti, dalla cattedrale alla facciata dell’università. Sono scritte vergate direttamente sui muri, anticamente si utilizzava sangue di toro, questa l’origine del colore rossastro di queste scritte. 

Sono chiamate “Vitores” perché come dice il dizionario della lingua spagnola “Segno scritto direttamente su un muro, o su un poster o su un tablet, in applauso di una persona per qualche gloriosa impresa, azione o promozione. Di solito contiene la parola victor o vítor “.  

Salamanca è una città “tatuata” dalla storia, l’antica tradizione dell’Università di Salamanca, di vergare sui suoi muri, le gesta di uno studente che consegue il dottorato, si è convertita in una maniera di ricordare il passaggio per la città, del Papa, o di personaggi politici e culturali. 

Una città piena di segni… e da un segno visibile a un segno tutto da cercare. Così ci mettiamo di fronte alla facciata della cattedrale e guardiamo con attenzione i fregi e le sculture della porta d’ingresso laterale, alla ricerca di un astronauta che insieme a un piccolo drago con un “gelato” in mano, sembrano rompere con l’immagine gotica plateresca di questa incredibile cattedrale. 

Si tratta di un “segno” lasciato da uno degli scalpellini che nel 1992 restaurarono questo lato della facciata che viene ricostruita per intero. Miguel Romero è l’autore di questa piccola opera d’arte dentro la grande opera d’arte della facciata della cattedrale. Le due immagini l’astronauta e il piccolo drago sono i “segni” che ci accompagnano alla ricerca di un altro “segno”, questa volta antico. 

Si tratta di una rana, e trovarla nella facciata plateresca del collegio maggiore dell’università pubblica, è garanzia di una buona riuscita negli esami. In realtà si tratta di un rospo, che viene rappresentato sopra un teschio. Il simbolo della rana, sin dall’antico Egitto, si associa all’allegoria della morte. In epoca medievale la rana è anche il simbolo della lussuria. 

La presenza di questa rana sopra un teschio potrebbe significare il simbolo del “carpe diem”. Il caso è che con il tempo la ricerca di questo piccolo “segno” nella facciata del collegio maggiore dell’università, si è convertita in una tradizione, che ogni studente ripete ogni volta che si prepara a un esame, al fine di propiziare il buon risultato. 

Infatti non è un caso che Salamanca sia considerata come la Bologna di Spagna, più di 35.000 studenti, ingrossano i numeri di una città che sa sempre è legata alla vita studentesca. 

Una città che di notte si trasforma e dipendendo dalla della città in cui ti trovi, puoi cenare tranquillamente in un bel ristorante dove di colpo uno dopo l’altro arrivano “los Tunos”, per trasformare una tranquilla cena in una serata musicale. 

Los Tunos una tradizione tutta salmantina, studenti che vestiti come i bardi del 1500 o 1600, con costume d’epoca, calzamaglie, una cappa e la banda della propria facoltà, vanno in giro con chitarre e stornelli per cantare alle studentesse. 

Tunos si nasce e quella che è una tradizione durante gli anni di studio, si converte in una missione per “tutta la vita”, così anche finita l’università, los tunos tornano a Salamanca almeno una volta l’anno per partecipare a gare di canto e musica. Bisogna sapere lasciarsi andare e mettersi “in situazione”, andare indietro nel tempo e cantare anche noi…

Domani sarà un altro giorno di visite e scoperte, alla ricerca di altri segni che ci nasconde Salamanca e la sua storia.